La competenza narrativa, ovvero l’abilità di raccontare in maniera chiara e strutturata un evento realmente accaduto oppure una storia immaginata, riveste un ruolo centrale tra i processi della mente umana. Il pensiero narrativo è infatti essenziale ai fini dell’organizzazione del pensiero logico e del ragionamento verbale; attraverso di esso l’uomo attribuisce un senso agli eventi che lo circondano e dota di senso sé stesso, plasmando le proprie credenze, speranze ed aspettative; al contempo, come forma pratica e sociale, la narrazione consente la costruzione e la condivisione di significati personali e collettivi tra gli individui.

L’emergere e il consolidarsi di tale abilità a partire dal terzo anno di vita costituiscono dunque tappe cruciali nello sviluppo linguistico e cognitivo del bambino, che attraverso i racconti impara ad inferire relazioni di tipo logico, causale e temporale che legano gli eventi e ad attribuire stati mentali a sé stesso e ai propri interlocutori.

Da un punto di vista cognitivo si tratta di un’attività che richiede l’integrazione di numerose abilità di natura linguistica e metalinguistica, ed un fortissimo coinvolgimento delle funzioni mnesiche ed esecutive. Non stupisce dunque che prove di generazione e retelling di storie costituiscano i task di elezione per la valutazione “ecologica” dello sviluppo lessicale, morfosintattico e testuale in età evolutiva ai fini della redazione di un bilancio logopedico, e che deficit persistenti in questo ambito siano documentati in numerosi disturbi del neurosviluppo, sia nei bambini monolingui che nei bilingui.

L’attività di ricerca, che ha già prodotto alcuni articoli, ha l’obiettivo di descrivere le caratteristiche verbali e non verbali delle narrazioni prodotte da bambini con traiettorie di sviluppo atipico, in particolare che hanno ricevuto diagnosi di Disturbo Primario del Linguaggio, Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo o Disturbo dello Spettro Autistico.

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